Il Piano Industry 4.0 è il primo tentativo di fare una seria politica industriale in Italia da decenni, di questo bisogna rendere merito al Ministro Calenda; tutte le statistiche ci dicono che è un successo, ma, come spesso accade, quando un argomento diventa di moda (Startup mania anyone?) si finisce per parlarne fin troppo, talvolta a sproposito. Per non cadere in questa trappola, abbiamo scelto di intervistare chi si occupa di questi temi da più di un decennio, prima come ricercatore del Politecnico di Milano e ora come CEO di Holonix, società nata proprio come spin off del medesimo ateneo.

di Luca Fontana

Jacopo, l’argomento Industry 4.0 è molto inflazionato da qualche mese a questa parte, sembra quasi che non si possa parlare d’altro. Qual è la tua opinione di esperto sull’argomento?
Non esiste una definizione precisa di Industry 4.0, esistono una serie di tecnologie abilitanti con molteplici modi di essere combinati per produrre valore per le aziende: dobbiamo ringraziare i tedeschi se ora c’è un minimo di consapevolezza su quali siano. In realtà, alcune delle tecnologie di cui si parla, esistono da trenta anni. Quello che è cambiato è la loro accessibilità, che permette anche ad aziende che non siano delle multinazionali di poterne
godere: computer embedded per applicazioni industriali a poche centinaia di euro, sistemi cloud, flessibilità e possibilità di realizzare soluzioni personalizzate a costi relativamente contenuti, sono gli elementi che avvicinano
l’Industry 4.0 anche alle PMI. Certo, c’è ancora molta confusione sull’argomento; ci sono alcuni convinti che basti installare un MES (Manufacturing Execution System) per fare Industry 4.0.
Tra le diverse tecnologie abilitanti l’Internet of Things sembra essere quella di più immediata comprensione anche per il grande pubblico.
Anche in questo caso è necessario fare un po’ di chiarezza. Spesso sento confondere l’interconnessione tra le macchine (Machine to Machine) o lo scambio di dati nell’intranet aziendale come IoT: non è così, o quantomeno
non solo. Possiamo parlare veramente di IoT solo se il processo genera valore per molteplici soggetti. Superare questo limite è quello che facciamo con la nostra piattaforma, la soluzione dedicata alle macchine industriali, e
questi soggetti sono in primis il cliente, il manutentore e il produttore della macchina stessa.
Per entrare meglio nel dettaglio del funzionamento il produttore della macchina e l’utilizzatore restano in costante contatto in tempo reale, hanno a loro disposizione i parametri operativi della macchina e i KPI (Key Performance Indicators) del processo in corso. Grazie a questi dati il responsabile della produzione può procedere all’ottimizzazione continua della produzione, per esempio in un processo in cui siano coinvolte più stazioni di lavorazione è possibile identificare i passaggi meno efficienti da una macchina all’altra o quale macchina sia il cono di bottiglia e porvi rimedio con investimenti mirati.
Risulta anche più facile discernere le inefficienze dovute alle macchine e quelle dovute al personale, nel secondo caso si può intervenire con un adeguamento di procedure oppure con corsi di formazione mirati.
Il manutentore si trova quindi di fronte a una rivoluzione vera e propria delle modalità operative passando dalla manutenzione programmata, che prevede la sostituzione di componenti a intervalli prefissati sulla base di dati
storici, a quella predittiva. Con manutenzione predittiva si intende la possibilità di intervenire a sostituire i componenti solo quando effettivamente i dati raccolti segnalano che si stanno avvicinando alla fine della vita utile, in questo modo si riduce il costo generale dei ricambi e ci si mette al riparo da fermi di produzione dovuti a rotture impreviste.
L’aspetto più interessante è infine il vantaggio per il produttore del macchinario che, grazie alle informazioni che gli ritornano costantemente, può attivare processi di miglioramento continuo dei prodotti ottimizzando l’uso dei materiali e riducendo le possibili fonti di contestazione.
Ci tengo a sottolineare una cosa: non esiste una soluzione di IoT universale per qualsiasi azienda, possiamo anche applicare tecnologie simili, ma insieme al prodotto finale c’è un enorme lavoro di affiancamento al cliente e
di consulenza.

Parliamo un po’ di questa esperienza accademica, dopo tanti anni perché siete arrivati a uno spin off?
L’università è il luogo ideale per fare ricerca teorica e sviluppare nuove tecnologie; il mondo accademico viene spesso accusato di essere troppo lontano dal mercato, ma è ingeneroso.
La verità è che le esigenze della ricerca e quelle delle aziende difficilmente si incontrano. In questo senso lo strumento dello spin off è ideale per il trasferimento tecnologico e per mettere in comunicazione due mondi così
diversi, è un contenitore di competenze e tecnologie innovative che propone soluzioni al mercato rispondendo esso stesso alle esigenze e ai tempi del mercato. Il trait d’union perfetto.

Nella fase di StartUp essere uno spin off universitario fornisce qualche vantaggio?
Si e no. Se parliamo di risorse economiche non ci sono scorciatoie rispetto ad altre StartUp. Posto che le banche non sono la soluzione giusta, a meno che l’imprenditore non disponga di patrimoni personali da porre a garanzia, nel nostro caso è stato un misto di impegno finanziario personale e di fiducia che ci è stata accordata da un imprenditore illuminato che si è appassionato al nostro lavoro ancor prima che Holonix fosse effettivamente fondata. L’azienda in questione è ancora uno dei migliori  clienti e nel corso degli anni ha sviluppato con noi un sistema completo di gestione della produzione che comprende tracciamento delle merci con RFID, monitoraggio delle macchine e controllo di tutto il processo produttivo.
In questo senso tutto il supporto alla partenza è arrivato dal mercato.

E i vantaggi che derivano dall’esperienza universitaria?
Abbiamo acquisito una grande esperienza nella conquista e gestione dei Progetti Europei. Questa competenza applicata in azienda in modo virtuoso ci permette di fare Ricerca e Sviluppo dei nuovi prodotti e servizi, ci mette in
contatto con grandi realtà industriali quali IBM e MEYER (il più grande costruttore al mondo di navi da crociera).
In ambito del progetto Manutelligence abbiamo collaborato anche con Ferrari. A fine progetto la proprietà intellettuale della tecnologia sviluppata rimane di nostra proprietà.

Un ottimo esempio di come si possa fare innovazione pur essendo piccoli, almeno per ora. Puoi darci qualche numero sull’azienda?
Holonix è nata ufficialmente nel novembre del 2010.
All’inizio eravamo in tre, ora siamo una ventina. Il fatturato supera abbondantemente il milione di euro ed è in crescita stabile, abbiamo un utile soddisfacente che puntualmente reinvestiamo in azienda. Direi che al di là
della definizione legale di StartUp, abbiamo ampiamente superato quella fase e ci stiamo strutturando con organizzazione e procedure.

I vostri collaboratori vengono tutti dal mondo universitario?
Sono praticamente tutti laureati, se è questo che intendi, per l’85% in materie scientifiche e tecniche, prevalentemente Ingegneria o Informatica. Paradossalmente il fatto di essere uno spin off del Politecnico di Milano non ci
garantisce una corsia preferenziale per il personale qualificato.
Anche noi abbiamo le stesse difficoltà delle altre aziende Italiane nel trovare le risorse giuste e usiamo i canali che sono a disposizione di tutti.

Hai timori nei confronti della tipica “trappola dell’imprenditore” italiano, che dopo i primi anni diventa spesso il primo commerciale dell’azienda e talmente operativo da non aver più tempo di seguire i nuovi prodotti e le strategie di medio-lungo periodo?
Fortunatamente no, grazie alla competenza del nostro team posso permettermi di delegare parecchio, sia in ambito commerciale che per quanto riguarda lo sviluppo dei prodotti. Io, pur collaborando nei vari ambiti, mi
occupo principalmente della supervisione delle attività.

Reed Hastings, il fondatore di Netflix, ha affermato in una famosa intervista che l’istinto dell’imprenditore è ancora fondamentale nello sviluppo dei nuovi prodotti. Gli imprenditori Italiani sono famosi per questo, pensi
sia giusto?
Nella fase iniziale in cui nasce l’idea è possibile, ma in Holonix ogni nuovo prodotto viene trattato come se fosse una StartUp interna all’azienda, con un proprio business plan dedicato e un piano di sviluppo e di crescita, se il
prodotto non riesce a camminare con le proprie gambenei tempi previsti viene abbandonato e le risorse si liberano
per altre iniziative.